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Personalizzazione, Ascolto e “Guest Personas”: i dettagli che fanno la differenza

La sfida più grande per migliorare l’esperienza del cliente è fare una distinzione consapevole tra ciò che riteniamo importante e ciò che il cliente pensa sia importante. Conosco troppe strutture che sostengono di voler “mettere al centro l’ospite”.

In effetti ho sempre più l’impressione che intendano “mettere in mezzo il cliente”, spesso considerandoli, come affermò un mio noto collega ispanico, un portafoglio con le gambe! Per diventare un’organizzazione incentrata sul cliente, le aziende devono lasciarsi alle spalle il proprio ego.

Mettere al centro il cliente è un processo faticoso e i risultati, nel medio termine, spesso non vengono riconosciuti dalle proprietà alberghiere. Sempre meglio l’uovo oggi, che la gallina domani.

Gran parte delle aziende sono alla ricerca di un modello, di uno strumento, di una soluzione che interpreti i comportanti degli ospiti per generare delle impeccabili Guest Personas (Guest che? più comunemente una profilazione dell’ospite). L’unico metodo che funziona, e funzionerà anche nel prossimo secolo, è ascoltare il cliente. L‘ascolto deve essere un’attitudine, una mentalità, non un atto tattico o l’interpretare un insieme di dati elaborati da uno strumento. Certo gli strumenti sono importanti, ma i fondamentali dell’accoglienza lo sono di più. Gli strumenti si evolvono continuamente ti costringono troppo spesso ad adattarti a nuove metodologie di recupero del dato.

Uno degli strumenti più preziosi e sottoutilizzati per comprendere gli ospiti sono le osservazioni; lo sguardo e la sensibilità dei collaboratori al front end in una hall o in un ristorante al momento del check in oppure durante la fruizione del servizio. Certo, un lavoro impegnativo e scomodo per molti che richiede molto tempo per determinare un valore percepibile.

Qui entra in gioco la tecnologia che serve, e non ti rende servo! Parlo della tecnologia come fattore abilitante. Chiamalo se vuoi CRM 4.0, o qualsiasi altra cosa #cimettounnumeropuntozero.

Ad esempio, quanti “dettagli significativi” puoi osservare attraverso i social media? È probabile che i tuoi ospiti siano sui social media. Se non direttamente, attraverso i loro partner, figli o chiunque stia viaggiando insieme a loro. I viaggi e il cibo sono i temi più apprezzati sui social media, per esempio. Allora perché “limitarci” agli ambienti fisici e ai ristoranti veri quando i nostri clienti ci invitano nei loro Lounge o ristoranti digitali?

Ok, ti conosco molto bene. Mi dirai: “dove lo trovo il tempo e quanto mi costa questo tempo per fare tutto questo”. Sono gentile, non ti rispondo con un approccio “grillino” (intendi Beppe Grillo), ti invito solo a fare alcune considerazioni sui processi di lavoro interno, sugli sprechi di tempo e di lavoro per ogni singola mansione che imponi ai tuoi collaboratori.

Come ho detto, la tecnologia è semplicemente un fattore abilitante, ma non l’obiettivo finale. Le aziende investono innumerevoli risorse in strumentazioni che finiscono per essere utilizzate “bene” solo da una piccola percentuale dell’organizzazione.

Quello di cui non ci si rende conto è che uno strumento o un database, anche se progettato per avvicinarci al cliente, senza una progettualità empatica, finisce effettivamente per allontarci dall’umanità e dalla vera relazione.

I clienti, così, diventano fogli di calcolo, segmenti di mercato e dashboard, anziché individui con esigenze diverse in momenti diversi. Gli strumenti registrano il comportamento razionale, senza prendere in considerazione le componenti più importanti: il contesto e l’empatia.

Di questo ne ho già parlato tanto in passato, ne parlerò ancora in BIT – Digital Edition con Letizia Ciaccafava

Buona ospitalità, Antonio

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